domenica 25 novembre 2007

Casciana Terme

Nell'anno 800 Casciana si chiamava Castrum ad Aquis, già conosciuto per le sue acque termali, appartenne fino al 1100 al Conte Ugone. Fu donata alla Chiesa di Morrona e ai frati Camandolesi che la donarono all'Arcivescovato di Pisa nel 1135. Vide la guerra con i Fiorentini che la incendiarono nel 1362 e la annessero alla Repubblica Fiorentina nel 1515, che la trasferì poi al Vicariato di Peccioli e successivamente a quello di Lari nel 1776.Negli anni successivi il paese si sviluppa intorno alle Terme, vengono costruite ville importanti per famiglie di nobile casato si costruiscono nuovi alberghi fra cui il Gran Hotel delle Terme inaugurato nel 1912. Casciana Terme diventa Comune nel 1927 e continua con grande successo la sua vocazione Turistico -Termale fino al ai nostri giorni.

Le acque di Casciana derivano dal suo territorio di origine Vulcanica. Il cratere del vulcano di Fichino ne è la testimonianza storica.

Benchè molti studiosi affermino che le acque termali di Casciana fossero già conosciute dai romani, la costruzione oggi documentata del primo stabilimento termale fù opera di Federico da Montefeltro, Signore di Pisa nel 1311. Nel 1460 dopo quasi due secoli, venne restaurato per la prima volta dai " Magnifici Signori Fiorentini" che per ordine del Granduca di Toscana Leopoldo I, che visitò per due volte le Terme vi apportarono nel 1596 ulteriori miglioramenti.Nel 1824 per ordine di Ferdinando III di Lorena Granduca di Toscana furono apportati sostanziali miglioramenti, tra le cose più importanti si costruì una nuova facciata delle Terme, si migliorarono le salette da bagno e si introdusse l’uso delle stufe per asciugare la biancheria.Si arriva così al 1870 con il nuovo progetto affidato all'architetto Poggi, conosciuto e famoso per aver realizzato il Piazzale Michelangelo a Firenze, che le Terme iniziano il loro periodo di maggior successo, vengono introdotti notevoli cambiamenti, tecnici, funzionali e più che altro architettonici. Casciana diventa una delle stazioni termali più rinomate d'Italia tanto da esser definita "La perla termale d'Italia". La pregevole struttura neoclassica e delicata della facciata delle Terme ha mantenuto ad oggi gli stessi caratteri originari.Interessante la foto della facciata delle Terme prima del 1870. E le lapidi all’interno dello stabilimento termale in ricordo della Contessa Matilde di Canossa, di Federico da Montefeltro e della visita ai bagni del 1473 del L. Ruvera d'Aragona nipote del Papa Sisto IV.

domenica 18 novembre 2007

Sagra del Tartufo

Un antico detto popolare, ancor oggi insegnato ai bambini della campagna samminiatese, dice che fra Doderi, Montoderi e Poggioderi (tre siti di cui resta traccia nei documenti medievali dell’Archivio Storico di San Miniato) c’è un vitello d’oro. Parrà strano, ma in quel triangolo nella Valdegola sta il cuore della zona tartufigena samminiatese.

Il Tartufo Bianco delle Colline Samminiatesi, una zona geografica di produzione che si estende verso la campagna pisana interna, è il Tuber Magnatum Pico, il Cibo dei Re, il fungo sotterraneo più pregiato, che si trova, a pochi centimetri di profondità, in un numero limitato di aree predilette dalla natura per la particolare, quasi misteriosa combinazione di fauna forestale e di sostrato geologico.

Scriveva Brillat Savarin: “il tartufo può rendere le donne più tenere e gli uomini più amabili”. E, poverino, si riferiva solo al tartufo nero del Périgord. Di queste aree predilette del “tartufo bianco”, San Miniato detiene più primati.

Suo è il tartufo più grande mai rinvenuto, un profumatissimo tubero di 2.520 grammi che fu donato nel 1954, con grande risalto, al Presidente degli U.S.A. Truman.
Ma suo è anche un primato di qualità, dovuto non solo alla fertilità dei boschi, ma anche all’accuratezza e al profondo rispetto per l’ambiente con cui avviene l’attività di raccolta. Regolato da un severo disciplinare e da una legge regionale che ne definisce le modalità di raccolta e di commercializzazione, il Tartufo Bianco di San Miniato popola le tavole dei migliori ristoranti del mondo.

Con moderazione e selettività, giacché breve è la sua stagione (i tre mesi di ottobre, novembre e dicembre) e limitata la sua produzione. Il valore del Tartufo Bianco di San Miniato, infatti, sta nella sua rarità. La tradizione del tartufo, a San Miniato, affonda le radici nel Medioevo.

Ma è da poco più di 100 anni che l’attività di raccolta è organizzata per gruppi familiari della zona, i cosiddetti tartufai.
Più che cercatori, famiglie cercatrici ognuna con i suoi segreti tramandati da generazioni, i suoi cani da tartufo e i suoi sentieri nascosti nei boschi di querce, di pioppi e di lecci. Da 25 anni è stata costituita a San Miniato l’Associazione Tartufai delle Colline Samminiatesi, che raggruppa più di 400 cercatori delle Valli dell’Egola, dell’Elsa e dell’Era, tutti affluenti dell’Arno. Ma Tartufo non è soltanto gusto inimitabile: è anche mercato e cultura locale. Da 30 anni si tiene a San Miniato la Mostra Mercato Nazionale del Tartufo Bianco di San Miniato, che trasforma la Città, nell’intero mese di novembre, in un grande laboratorio del gusto a cielo aperto. Fanno da corona al Tartufo, esposto nella storica piazza del Duomo, posta ai piedi del colle della Rocca, i mercati delle altre piazze, dove i sapori tipici delle Colline Samminiatesi sono offerti insieme ai sapori e alle specialità delle altre Città del Gusto italiane.

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